Brano: Marina e fascismo
Hitler, Mussolini e Vittorio Emanuele III a bordo dell’incrociatore « Conte di Cavour » durante il viaggio del Fuehrer in Italia (Napoli, maggio 1938)
traffico mercantile, essenziale all’economia nazionale, poteva essere perseguito solo con mezzi politici, cioè alleandosi con la Gran Bretagna, data la schiacciante superiorità del commercio e della flotta da guerra britannica. La Marina italiana doveva quindi accettare un ruolo subalterno nel quadro della tacita alleanza con la Gran Bretagna che fu il pilastro della politica italiana fino al 1935, o proporsi uno sviluppo non rapportabile a un obiettivo preciso (la priorità navale con l’AustriaUngheria o la Francia non avevano senso concreto, perché la superiorità nel Mediterraneo sarebbe stata decisa dalle scelte inglesi), ma solo a idea
li di potenza molto vaghi e discutibili oppure agli interessi dell’industria interessata alle forniture navali. Da qui la genericità provocatoria della richiesta di un dominio italiano su[...]
[...]aniera, s’intende) . Si ricordino, a tale riguardo, le violente polemiche socialiste del periodo giolittiano contro il riarmo navale e gli industriali siderurgici « succhioni ».
L’impostazione data da Sidney Scannino all’intervento italiano nella Prima guerra mondiale, con il patto di Londra (1915) e poi alle trattative di pace di Parigi (1919) con la richiesta di un dominio diretto su buona parte della Dalmazia, dichiaratamente appoggiata dalla Marina, rientrava appunto nella politica di grandi aspirazioni, di impossibile realizzazione ma idonee a mobilitare l’opinione pubblica nazionale per la costruzione di un blocco di forze reazionarie.
Ai servizio del fascismo
Dopo aver appoggiato in modo abbastanza scoperto l’avventura fiumana di D’Annunzio (v.), le rivendicazioni postbelliche dell'industria degli armamenti e la linea politica del partito nazionalista, la Marina italiana non poteva che aderire con entusiasmo allo schieramento reazionario promosso dalla marcia su Roma (v.j; infatti l’ammiraglio Thaon di Revel, comandante della, flotta italiana nella guerra e suo capo in
discusso, entrò come ministro della Marina nel primo governo Mussolini, portandogli il sostegno incondizionato degli ambienti navali, che non fu intaccato dal delitto Matteotti e dalla instaurazione della dittatura fascista. Anzi Thaon di Revel, per contribuire alla politica di contenimento delle spese pubbliche del governo fascista, accettò una riduzione di bilancio e la rinuncia a nuove corazzate, contro cui si era battuto negli anni precedenti.
Nei ventanni di dittatura l’accordo tra fascismo e Marina non subì incrinature. La Marina non lesinò un appoggio che non si esplicava ovviamente nel campo dell’ordine pubblico, ma in quel[...]
[...]l sostegno incondizionato degli ambienti navali, che non fu intaccato dal delitto Matteotti e dalla instaurazione della dittatura fascista. Anzi Thaon di Revel, per contribuire alla politica di contenimento delle spese pubbliche del governo fascista, accettò una riduzione di bilancio e la rinuncia a nuove corazzate, contro cui si era battuto negli anni precedenti.
Nei ventanni di dittatura l’accordo tra fascismo e Marina non subì incrinature. La Marina non lesinò un appoggio che non si esplicava ovviamente nel campo dell’ordine pubblico, ma in quello dell’organizzazione del consenso, avallando l’uso mistificato e diversivo che il fascismo faceva dei miti di potenza e tutte le esagerazioni propagandistiche. Per contro approfittò del suo prestigio per difendersi dalle ingerenze del partito, seguendo del resto la sua diffidenza tradizionale verso tutte le forme di controllo del mondo politico. È quindi più esatto parlare di una Marina al servizio del fascismo che di una Marina intimamente fascista, nel senso che la fedeltà al re e alle tradizi[...]
[...]r difendersi dalle ingerenze del partito, seguendo del resto la sua diffidenza tradizionale verso tutte le forme di controllo del mondo politico. È quindi più esatto parlare di una Marina al servizio del fascismo che di una Marina intimamente fascista, nel senso che la fedeltà al re e alle tradizioni continuò a essere coltivata a tutti i livelli assai più di un’adesione ideologica al regime.
Anche quando Mussolini volle per sé il ministero della Marina (dal
1925 al 1928 e dal 1933 al 1943), si contentò di un potere formale, lasciando la formulazione dei programmi e la scelta dei comandanti alle alte gerarchie.
Un elevato spirito di corpo, un al
to livello professionale, la disponibilità di un corpo ufficiali ristretto e selezionato, composto di elementi generalmente superiori per censo e cultura a quelli dell’Esercito e dell'Aeronautica, conservarono alla Marina una notevole compattezza e una relativa impermeabilità alla politicizzazione imposta da una dittatura che pure era fedelmente se non entusiasticamente servita.
L’influenza del regime si esercitò nel rafforzamento di tendenze negative già presenti all’interno della Marina, come il rifiuto della libertà di dibattito anche su questioni tecniche, un eccessivo accentramento di poteri ai vertici, un’insufficiente attenzione agli sviluppi del progresso tecnologico, un orgoglioso isolamento nei confronti dell’Esercito e dell'Aeronautica e una propensione a programmi troppo grandi per essere realistici.
Fu appunto la combinazione tra le esigenze di prestigio del regime e le tradizionali aspirazioni della Marina a un ruolo di potenza a determinare lo sviluppo delle costruzioni navali. Incrociatori e cacciatorpediniere, che fino al 193334 costituirono il nerbo dei programmi di riarmo/furono perciò impostati con una ricerca di primati (per esempio di velocità o armamento) che nuoceva alla media delle prestazioni; e quando il governo fascista aumentò i fondi per le costruzioni navali, nel quadro della politica di grosse spese militari come rimedio alla crisi economica, la Marina volle soprattutto grandi corazzate perché su queste navi si misurava tradizionalmente il livello di
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[...] potenza a determinare lo sviluppo delle costruzioni navali. Incrociatori e cacciatorpediniere, che fino al 193334 costituirono il nerbo dei programmi di riarmo/furono perciò impostati con una ricerca di primati (per esempio di velocità o armamento) che nuoceva alla media delle prestazioni; e quando il governo fascista aumentò i fondi per le costruzioni navali, nel quadro della politica di grosse spese militari come rimedio alla crisi economica, la Marina volle soprattutto grandi corazzate perché su queste navi si misurava tradizionalmente il livello di
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